Negli ultimi anni si è assistito ad un aumento crescente di donne colpite da patologie cardio-cerebrovascolari.
Esse rappresentano la principale causa di mortalità e disabilità femminile e superano ampiamente le cause oncologiche. Nel 2015 i decessi femminili per malattie cardiovascolari sono stati 137.000, che rappresentano la causa del 40% delle morti, contro il 34% negli uomini (fonte Eurostat 2018 su dati 2015).
Secondo la dott.ssa Roberta Rossini, Direttore della SC di cardiologia dell’ospedale S.Croce e Carle di Cuneo “le patologie cardio-cerebrovascolari nelle donne, oltre ad essere frequenti, specie in età post-menopausale, sono spesso gravate da una prognosi peggiore rispetto agli uomini. Dati di letteratura dimostrano che l’essere di sesso femminile può associarsi ad un ritardo nella diagnosi ad esempio di infarto miocardico acuto. Le donne, infatti, possono presentare una sintomatologia diversa e più sfumata rispetto a quella degli uomini. Inoltre, esse stesse possono sottostimare il sintomo, nella convinzione che le malattie cardiovascolari siano tuttora appannaggio degli uomini. Va anche sottolineato che, purtroppo, le tecniche diagnostico-terapeutiche nonché le terapie farmacologiche sono ancora oggi studiate per lo più sugli uomini e molto meno sulle donne. Queste ultime, tuttavia, presentano caratteristiche differenti rispetto al sesso maschile ad esempio rispetto al peso corporeo, al rischio emorragico ed alla fisiopatologia di alcune malattie. Questo fa sì che, talvolta, le terapie studiate per lo più su uomini ma applicate, nella pratica clinica, sulle donne, risultino meno efficaci.
E’ importante sottolineare che, a fronte di questi dati epidemiologici, non si è assistito ad un aumento della consapevolezza nel sesso femminile rispetto al rischio cardiovascolare aumentato ed all’importanza di un’opera di prevenzione”.
“Per questo motivo, è importante oggi parlare di rischio cardio-cerebrovascolare nelle donne e di prevenzione, in un ambito dove la percezione del rischio è ancora scarsa e si tende erroneamente ad associare le malattie cardio-cerebrovascolari all’universo maschile.
Le donne sono scarsamente informate sul ruolo dei fattori di rischio e sulla possibilità di “proteggersi” attraverso l’adozione di stili di vita sani, proprio perché colpite in età più avanzata quando erroneamente si ritiene poco efficace qualsiasi attività di prevenzione primaria” come sottolinea la dott.ssa Maria Roberta Bongioanni Direttore del Dipartimento Medico Specialistico
Il 18 settembre a 2021 Cuneo si è parlato di rischio cardio-cerebrovascolare e di prevenzione proprio nelle donne. Le donne ci stanno a cuore, un evento – promosso dall’Associazione Pre.zio.sa. Prevenzione Promozione Salute Onlus – in cui “le donne hanno avuto la possibilità di sottoporsi a una valutazione del rischio cardio-cerebrovascolare mediante la misurazione della pressione arteriosa, dei valori di colesterolo che sarà realizzata dal personale della Cardiologia e della Neurologia dell’Azienda Ospedaliera di Cuneo e dell’ASL CN 1, dalle ore 10 alle ore 18, in piazza Galimberti a Cuneo. con la presenza dei cardiologi e neurologi e delle dietiste per illustrare i temi della prevenzione cardio-cerebrovascolari” spiega la Presidente dell’Associazione Maria Peano.
Accanto a fattori di rischio tradizionali non modificabili, come l’età e la familiarità, vi sono fattori di rischio tradizionali modificabili, quali ipertensione arteriosa, fumo, dislipidemia, diabete, sedentarietà, sovrappeso/obesità.
Questi fattori sono i medesimi nei due sessi ma hanno un peso (rischio relativo) diverso e risultano avere un impatto maggiore in termini di morbilità e mortalità cardiovascolare nelle donne rispetto agli uomini.
E’ importante che, a parlare di patologie cardiovascolari delle donne e con le donne, vi siano proprio delle donne, in prima linea nella lotta a tali patologie. “Purtroppo – come sottolinea la dott.ssa Rossini, responsabile scientifico dell’evento insieme alla dott.ssa Bongioanni – ancora oggi assistiamo ad un gender gap, anche in ambito sanitario. Le donne sono spesso sotto rappresentate in ruoli apicali (nel 2019, i direttori di struttura complessa erano rappresentate nell’83% da uomini e dal 17% da donne, pur rappresentando, le donne, il 44% di medici e odontoiatri). Al fine di colmare queste disparità, è fondamentale che le donne non vincolino lo sviluppo di carriera al proprio ospedale e alla propria città e credano in un modello di leadership femminile. E’ importante che non si ispirino sempre a modelli maschili, mutuandoli, e che non vedano la famiglia come mutualmente esclusiva rispetto ad una scelta di carriera.